«Gravi irregolarità nell'amministrazione» e «violazioni normative». Sono questi i motivi che hanno spinto la Banca d'Italia a disporre il commissariamento di Cape Natixis sgr, la società di gestione del risparmio lanciata nel maggio 2003 dal manager e imprenditore Simone Cimino (cui fa capo il 51% tramite la Cimino&Associati private equity) e Natixis (al 49%), che attraverso due fondi d'investimento da complessivi 325 milioni detiene partecipazioni di rilievo in 37 società, due delle quali, Arkimedica e Screen Service, quotate a Piazza Affari.
Lunedì 4 aprile Bankitalia, nel decretare il commissariamento della sgr presieduta da Cimino (in questi giorni in India per discutere con il partner Reva del progetto «Sunny car» da destinare allo stabilimento ex Fiat di Termini Imerese) ha nominato anche i commissari straordinari, ovvero la commercialista Stefania Chiaruttini (già consulente della Procura di Milano per l'inchiesta di aggiotaggio su Parmalat) e il professore Roberto Tasca. A loro si affiancano gli avvocati Massimo Bigerna e Maria Elisabetta Contino e il professore Luigi Puddu, membri del comitato di sorveglianza.
Il loro compito sarà rimettere in sesto i conti e la struttura di Cape Natixis fino a traghettarla in acque più tranquille, cercando in prima battuta un possibile acquirente della sgr o, in alternativa, compratori per le due società quotate, Arkimedica e Screen Service. Una prima e più agevole soluzione potrebbe essere rappresentata dalla vendita al partner Natixis della partecipazione della Cimino&Associati (che tra gli altri vede la presenza, al 2%, dell'imprenditore bolognese Edoardo Rossetti e al 4% del commercialista Flavio Venturi, che è anche presidente del collegio sindacale di Cape Natixis).
Il gruppo francese, tuttavia, a livello mondiale ha deciso di abbandonare il private equity. L'altra soluzione è la valorizzazione degli asset in portafoglio. Per Arkimedica, la cui controllante Tech Med è stata posta in liquidazione nei giorni scorsi, ci sono sul tavolo cinque offerte non vincolanti già inoltrate al fondo Cape. Per Screen Service, invece, si sarebbero fatti avanti alcuni fondi italiani ed esteri di primaria importanza. In alternativa, il management di quest'ultima società potrebbe ipotizzare un buy out sul 30% del capitale. Finisce, in questo modo, l'avventura nel mondo del private equity di Cimino, nel frattempo uscito di scena anche da Cape Live (non toccata dal provvedimento di Via Nazionale), l'altra finanziaria da lui fondata, portata in borsa e poi abbandonata nei mesi scorsi dopo uno duro scontro con alcuni azionisti di minoranza.
(riproduzione riservata) Andrea Montanari