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Dividendi, partita vinta contro i Btp


Dividendi, partita vinta contro i Btp

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May 07, 2011
Published on Borsa & Finanza


STRATEGIE D'INVESTIMENTO
Scegliere i titoli in base al dividend yield non è premiante. Per ottenere rendimenti solidi, bisogna puntare su chi offre cedole con costanza, i cosiddetti dividend achiever . E si riesce anche a battere i titoli di Stato
Prendi la cassa e scappa. Una regola sempre valida. Soprattutto se l'intenzione è di battere un Btp decennale, che oggi rende il 4,7% o un biennale (sotto il 3%). Il primo obiettivo nella campagna dividendi 2010 lo centreranno una trentina di società italiane, il secondo quasi 80 ( vedere tabella nella pagina accanto ). Ma, se la strategia di investire in dividendi è quella di un cassettista con una visione di lungo periodo, allora la musica cambia. E tra i criteri con cui scegliere i titoli da mettere in portafoglio si deve prendere in cosiderazione, innanzitutto, la costanza con cui il dividendo viene distribuito. Dunque, meglio se le cedole sono un'abitudine e sono in continua crescita. «I dividend achiever - spiega a B&F Stuart Rhodes, gestore dell'M&G Global Dividend Fund - sono le aziende che hanno incrementato i dividendi anno dopo anno: una politica che vede alle spalle un'eccellente disciplina finanziaria e che rappresenta l'impegno a creare valore per gli azionisti». Queste società hanno la capacità di regolare la quantità di liquidità distribuita assicurandosi nel contempo che la parte reinvestita sia rivolta soltanto ai progetti migliori. O per dirla con le parole di Rhodes «quando i dividendi sono in competizione con il capitale disponibile per gli investimenti, la possibilità di distruggere valore, per un'azienda, è più limitata». DIVIDEND ACHIEVER TRICOLORE. Al contrario, selezionare azioni solo in base al dividend yield può essere controproducente. «Non necessariamente un alto rendimento sul dividendo è sintomo di una società in buona salute - dice Alberto Furno, ceo di Nemesis Am - Un esempio è General Motors che ha pagato dividendi elevati anche quando avrebbe fatto meglio a usare la cassa per migliorare il business o ridurre il debito». E In Italia? Secondo l'analisi di B&F , a Piazza Affari i dividend achiever, selezionati tra le società che nel 2011 hanno staccato le cedole più generose, sono 13. Tra questi, svetta Ima, guidata dall'ad Gianluca Vacchi, che negli ultimi cinque anni non solo ha sempre garantito ai suoi investitori un dividendo, ma lo ha fatto sempre in crescita per una variazione totale del 17,6 per cento. In rialzo di quasi il 16% anche Iren, la utility guidata dal presidente Roberto Bazzani, che nel 2006 ha distribuito un dividendo di 0,60 euro e dal 2008 lo ha fissato a 0,85 euro. Le utility sono, com'era prevedibile, il gruppo più folto tra le prime della classe. Terna (+10,76% la variazione delle cedole a cinque anni), Hera (quasi il 6%), Ascopiave e Enel (che però durante la crisi hanno stretto la cinghia e ridotto, nel periodo di analisi, le cedole rispettivamente del 6,4% e del 12,4%). Anche Eni, che non ha mai mancato di premiare i suoi azionisti, segna un decremento del 5,8 per cento. Tra le società che invece in barba alla crisi hanno avuto la capacità di remunerare sempre di più gli azionisti figura Marr (+8,5%). E, due gruppi editoriali come Cairo (-7,8%) e Mediaset (-10,3%) che guadagnano una posizione tra le aziende costanti. DIVIDENDI SOSTENIBILI. «Investire in azioni ad alto dividendo - sostiene Nikolaus Poehlmann, gestore del Dws Invest Top Dividend Europe - significa investire in società stabili, di grandi dimensioni e con utili e flussi di cassa elevati. Ma per ottenere performance superiori al mercato non è sufficiente acquistare le società che pagano i dividendi più elevati: è fondamentale guardare avanti e puntare su chi li avrà stabili o in crescita nel prossimo futuro». C'è chi va oltre. «Quando un dividendo è esplosivo - dice Frédéric Buzaré, responsabile globale gestione azionaria tradizionale di Dexia Asset Management - riflette spesso dubbi di mercato che ne circondano la sostenibilità». E dunque, quali sono i criteri da seguire? «Analizziamo - continua Poehlmann - i flussi di cassa generati dalla società: un rendimento dei flussi di cassa operativi superiori al dividend yield lascia presumere che il titolo non solo possa generare dividendi, ma anche aumentarli in futuro. In linea generale, il pagamento di dividendi si è dimostrato un vincolo molto efficace per la gestione di un'impresa al fine di un'oculata allocazione dei capitali. Maggiore è la sostenibilità della politica di dividendi attuata in passato, compatibilmente con le alternative di investmenti infrastrutturali e di fusioni e acquisizioni, maggiore è la fiducia degli investitori verso l'uso efficiente del capitale anche in futuro». CEDOLE VS BOND. Negli ultimi anni è emerso un motivo in più per attuare questa strategia di investimento. «In Europa - spiega Andrea Mottarelli, esperto obbligazionario di Dws Investment - abbiamo assistito a due fenomeni: un aumento degli utili e dei dividendi pagati dalle aziende e una forte discesa dei tassi d'interesse sulle obbligazioni. A differenza di quanto avveniva per esempio nel 2007, oggi i dividendi sono decisamente superiori rispetto ai tassi d'interesse; molte aziende remunerano di più i propri azionisti in termini di dividendi di quanto non remunerino i propri obbligazionisti in termini di cedole». Una strategia che batte nel lundo periodo non solo i bond ma anche i rendimenti azionari. «Questo è senz'altro vero - sostiene Rhodes - in un orizzonte temporale da tre a cinque anni perché i vantaggi di pagare dividendi e reinvestirli può venire solo con il tempo». Attenzione però alla volatilità. «I dividendi sono caratterizzati da una maggiore variabilità rispetto alle cedole fisse dei bond - spiega Furno - e in un ambiente deflazionistico possono crollare a picco aggiustandosi agli utili. Per converso se l'inflazione galoppa (come accade ora, ndr ), le obbligazioni più probabilmente perdono la partita contro i dividendi». PIATTO RICCO. Chi si piazza in cima alla classifica dei dividend achiever? «I settori maturi, in generale come le utility. Che però in futuro potrebbero diventare meno generose se poste sotto pressione per investire o spendere di più per la sicurezza e nuove centrali elettriche - risponde Buzaré - La scelta è tra reinvestire il flusso di cassa in nuove opportunità o remunerare gli azionisti». E questo spiega anche perché, negli ultimi cinque anni, gruppi come Eni ed Enel, in generale i più elevati contributori in termini di dividendi hanno ridotto l'erogazione. «Eni - dice Buzaré - ha il maggiore dividendo tra le grandi società di Esplorazione&Produzione, pari al 5,9%, e dovrebbe ridurre l'indebitamento per incrementarlo nuovamente. Enel sta remunerando quasi il 6%, mentre il proprio rapporto debito netto/ebitda si attesta all'estremità inferiore della media del settore». Anche le telecom hanno sofferto lo stesso problema. «La necessità di ridurre il debito e rafforzare il patrimonio - dice Riccardo Alaimo, gestore di NorVega Sgr - insieme alla necessità di diventare sempre più hi-tech hanno portato a ridurre le cedole». Allora per il futuro su chi si può puntare? «Citerei - afferma Alexandre Hezez, direttore investimenti Convictions Am - Marr, Terna, Recordati, Tod's e Geox». E ancora, continua Alaimo «Telecom, Snam Rete Gas, Atlantia e Benetton». Più severi i gestori stranieri. «Solo Saipem risponde ai miei criteri di investimento - sottolinea Rhodes - in quanto a una buona disciplina di capitale unisce un potenziale di crescita di lungo termine, per quanto al momento la sua valutazione non sia interessante». FUORI DALL'ITALIA. Ma sono gli Usa a battere tutti. «Negli Stati Uniti ci sono 90 società - rileva Rhodes - che hanno aumentato i dividendi consecutivamente negli ult i m i 2 5 a n n i . T r a q u e s t e Johnson&Johnson, Coca Cola, Procter & Gamble, Colgate Palmolive, 3M, Exxon Mobil e Wal Mart». Un buon metodo per selezionare titoli americani è «osservare l'S&P500 dividend aristocrats - dice ancora Alaimo - al cui interno troviamo ad esempio PepsiCo, Becton e Dickinson». In Europa c'è un minor numero di esempi di questo tipo, per lo più concentrati nei settori telecom, con Vodafone, Telefonica e Deutsche Telekom; pharma con Novartis, Sanofi e la danese Novo Nordisk; petrolio con Royal Dutch Shell. «Al contrario - conclude Poehlmann - il settore bancario è nel complesso ancora depresso (e le italiane sono sotto pressione per aumentare i coefficienti patrimoniali, ndr ), mentre gli assicurativi dovrebbero generare più liquidità ed essere quindi maggiormente disposti ad aumentare i dividendi».

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