Screen Service fa ricorso al Tar e alla Ue contro lo stop di Romani
Screen Service fa ricorso al Tar e alla Ue contro lo stop di Romani
Screen Service fa ricorso al Tar e alla Ue contro lo stop di Romani Coprire con il proprio segnale 18 regioni taliane su 20 e il 70% della popolazione non basta per essere considerato un operatore di taglia nazionale. Questo è il parere del ministero dello Sviluppo Economico che può limitare lo sviluppo del business di operatore di rete televisivo di Tivuitalia (distribuzione del segnale e dei contenuti tv), principale asset della quotata Screen Service. La notizia, resa nota del gruppo guidato dal presidente e amministratore delegato Antonio Mazzara, ha provocato uno scossone a Piazza Affari: il titolo ieri ha chiuso a 0,5 euro perdendo il 9,95%. Così per tutelare l'attività industriale e gli azionisti (il principale è Cape Natixis, sgr in liquidazione, titolare del 30,2%), Screen Service ha deciso di rivolgersi alle autorità italiane ed europee. «Presenteremo ricorso per fare valere i nostri diritti e i nostri interessi», dice Mazzara. «Impugneremo questi provvedimenti del ministero a tutela di tutti gli azionisti ricorrendo in via giurisdizionale al Tar e rivolgendoci all'Antitrust, sia in sede italiana sia in sede europea». Le mosse legali di Screen Service si inseriranno poi «nel procedimento di infrazione tuttora pendente nei confronti dello Stato italiano per violazione dei principi della liberà concorrenza e per la situazione di monopolio dell'attività televisiva nazionale», prosegue Mazzara facendo un chiaro riferimento alla Mediaset del premier Silvio Berlusconi. Lo scontro tra Screen Service e il ministero guidato da Paolo Romani ruota attorno «all'ambiguità e contraddittorietà» della decisione governativa di «negare lo status di operazione nazionale», ma contestualmente «riconoscere al gruppo la possibilità di veicolare contenuti televisivi in 18 regioni (pari al 70% della popolazione), ben oltre i parametri massimi che caratterizzano invece gli operatori locali» che possono diffondere contenuti al massimo in dieci regioni, per una copertura del 49% della popolazione.